Filosofia dell’essere Canicattinese di Canicattini Bagni


Ri mia i janattinisi nun si mieritinu nenti“.

Questa è una delle frasi che sin da bambino mi sento dire intorno con maggiore frequenza, al punto che ad un certo momento della mia vita, ho pensato fosse vera.

Logica: il canicattinese, come tale, va ghettizzato, escluso, messo al bando, considerato un disadattato, ecc. ecc., In sostanza, ognuno di noi canicattinesi, non merita nulla da nessun altro canicattinese.

Contraddizione in termini.

Questa frase va analizzata, in versione spezzatino, per coglierne l’essenza.

Primo. Esistono canicattinesi di Serie A e di Serie B, alcuni si distinguono, abitando qui o altrove, più altrove, che qui;

Secondo. La categoria di appartenenza (Serie A o B), non ha nulla a che vedere con il sistema culturale tipico dell’essere Canicattinese. Cioè un canicattinese di serie A è comunque un canicattinese, alla pari del Canicattinese di Serie B;

Terzo. Siamo tutti questi. Sempre gli stessi per cui rispetto alla formula “Ri mia i janattinisi nun si mieritinu nenti“, a volte non diamo, altre volte non ci meritiamo niente, come una moneta da un Euro, nella facciata A c’è il canicattinese, nella facciata B c’è sempre il canicattinese.

Per cui la frase corretta è “i janattinisi nun ni miritamu nenti“. Anzi, di più. Questa necessità di parlare al singolare, quella di concepire “gli altri“ come non meritevoli di nulla, è il vero limite culturale della nostra città.

Si rende necessario un’autocritica forte da parte del canicattinesi, di tutti i Canicattinesi, con l’obiettivo di dare di più a chi non merita, nel senso che essendo ognuno di noi a non meritare, daremmo qualcosa a noi stessi. (Forse se la mettiamo al Singolare, abbiamo qualche speranza).

Paolo Giardina

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